Vecchio mio ho nella mente il sapore della tua storia fiabesca quando sui gradini di quella chiesa mi hai sorriso dicendomi: ora non provare pietà per la mia solitudine questa è la mia vita, io l'ho conquistata spezzando l'anatema che mi voleva schiavo scegliendo la libertà all'emarginazione. Dolce amico se tu sapessi come ho creduto nei vostri voli pindarici quando tra bianche mura asettiche ignoravamo il mesto canto che volava nel vento sulle ali della vita, il giorno che l'ho udito mi sono reso conto del tragico castello, parto della mia vanità. Tu che ascolti non devi credere che io soffra di questa mia povertà ho regalato tutto alla gente per vivere nell'umiltà... Sento lontano il vento dentro me la quieta pace come chi non ha sprecato inutilmente il tempo inseguendo il tempo inseguendo sogni e chimere e dimenticando l'amore. Vecchi mio ricordo sempre il tuo volto com'era dolce e lucente quando ancora in vita, mi parlavi con dolcezza. Ora che ti vorrei il destino ci divide ma se potessi tenderti le mani per poter raggiungerti ricorderai di avermi atteso tanto e avrai un sospiro tra le lacrime.