F.Guccini Samantha scende le scale di un policentro attrezzato comunale trent'anni e poi l'appartamento sarà suo, o meglio, dei suoi genitori che ogni mese devono strappare il mutuo da uno stipendio da fame. Ma Milano è tanto grande da impazzire e il sole incerto becca di sguincio in questa domenica d' Aprile ogni pietra, ogni portone e ogni altro ammennicolo urbanistico. Ma Samantha saltella, non sa d'avere le gambe da cervo e il seno, come si dice, in fiore, teso sopra un corpo ancora acerbo e Samantha, Samantha ancora non sa d'avere un destino da modella, corre allegra lungo i graffiti osceni delle scale, quasi donna, quasi bella. E fuori Milano muore di malinconia, di sole che tramonta là in periferia, di auto del ritorno, famiglie, freni e gas di scarico. Lontano il centro, è quasi un altro mondo, San Siro un urlo che non cogli a fondo, ti taglia un senso vago di infinito panico. Spunta un gasometro dietro a muri neri, oziosi vagolano i tuoi pensieri, in aria il cielo è un qualche cosa viola carico. Andrea è giù nel cortile, jeans regolari e faccia da vinile, giacca a vento come Dio comanda e legata al polso la bandana, un piede contro al muro e lì la aspetta perché vuol parlarle, niente, forse d'amore, ma non sa che dire, con le parole quasi lombarde che non sanno uscire e si accende rabbioso una Marlboro di alibi. E si guardano di sbieco, appena un cenno istintivo di saluto, ma a Samantha batte il cuore da morire mentre Andrea rimane muto. E lei ritornerà con le MS per suo padre steso davanti a qualche canale e lui mediterà al bar, dietro una birra, che la vita può far male. E Milano sembra che sia lì a abbracciarsi quei due che non sapranno più parlarsi, solo sfiorarsi in un momento vago e via. Samantha presto cambierà quartiere per un destino che non sa vedere e Andrea diventerà padrone di una pizzeria. Ed io, burattinaio di parole, perché mi perdo dietro a un primo sole? Perché mi prende questa assurda nostalgia?